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Clik here to view.D.H Lawrence consumò la sua abbardente e si mise in strada prestissimo. La carreggiata di terra secca scrocchiava sotto la suola delle scarpe inglesi. La luce del mattino illuminava i piccoli bottoni del panciotto tradendo l’anima di latta dorata. La moglie era rimasta indietro, alla locanda, per sistemare alcuni oggetti nei bagagli affumicati dalla locomotiva. Lawrence non si spiegava la sensazione di desolazione e soggezione che il paesaggio gli incuteva. Seguendo l’istinto dell’esploratore, inforcò un vialetto nascosto dalle case nella piccola piazza dove a una sorgente bevevano i cavalli. Voltando l’angolo sentì un conciliabolo fra due donne, evidentemente vedove, bardate da scialli corvini “Eja comare mì, acabando de assentare su chinisu.” Ne trascrisse l’assonanza sul taccuino, accanto a una nota breve: “Try to resume. Dialectal Spechees.” Salendo, si fermò a piluccare alcune bacche di corbezzolo pendenti dai rami carichi e, non sapendo come portarsene un campione nelle tasche, ne schiacciò una matura al centro della pagina bianca, annottando poco sotto: “Tipical fruit of local Macchia Mediterranea.” Giunse a un’ansa nel bosco, dove la visuale apriva il villaggio allungato nel canale fra due valli. Accese una sigaretta e capì la difficoltà dell’essere umano a vivere stabilmente al centro di sé stesso, muovendo il paesaggio delle sensazioni in accordo coi dettami della volontà. Qualche nuvola spostava pesanti carichi verso le cime più lontane dal punto di osservazione. A un certo momento apparvero delle capre e appresso il pastore abbastanza giovane, con una bisaccia sulla spalla e i cambali. “Istrangiu?” gli chiese, e lui annuì mostrando le sigarette all’uomo, che ne infilò una in bocca e l’altra dietro l’orecchio “Ite novas?” domandò, ed egli, sorridendo, tolse dalla tasca un libricino, invitandolo a tenerlo. Il pastore, senza battere ciglio, levò dalla bisaccia un coltello, pulì la lama dal caglio, strofinandola nel velluto, quindi serrò il manico e ricambiò il gesto “Gratzia, finztas chi non no si cumprendeus.”
Quando fu ora, ridiscese dal versante opposto, seguendo il sentiero attraverso un bellissimo bosco di castagni ammantato dei ricci ingialliti che s’attaccavano alle suole Sbucò davanti a un cancello color ruggine rossa, altissimo, pesantissimo, chiuso con un lucchetto e una catena intrecciata. “Brinca,” gli disse uno storpio seduto sul muretto dall’altro lato, facendo il cenno con la stampella rotta. Ripartendo, il giorno successivo, ebbe motivo di credere che quelle genti soffrissero la vicinanza con il centro della terra e la guerra emotiva provocasse una ritrosia verso le esperienze nuove e i visitatori invaghiti. Dal momento in cui assunse tale principio, perdonò tutti, perfino l’oste che aveva preteso di saldare gli avanzi di maialetto scaldati per colazione, pagato già la sera precedente come menù obbligatorio. Si promise di scrivere come la memoria lo avrebbe indotto. Annusò la bacca schiacciata nella pagina e dormì, viaggiando verso Nuoro.
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