Massimo Pittau, professore ordinario nella facolta’ di Lettere e gia’ preside di Magistero dell’Universita’ di Sassari, linguista, filologo, storico e scrittore, e’ stato allievo di Giacomo Devoto e Bruno Migliorini nell’Ateneo di Firenze. Ha scritto oltre 50 libri e ha pubblicato 400 studi su linguistica, filologia e filosofia del linguaggio. Per le sue pubblicazioni e le sue ricerche linguistiche ha ottenuto “Il Premio della Cultura” dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha collaborato a lungo con Max Leopold Wagner, maestro della linguistica sarda, e ha completato gli studi del ricercatore tedesco col suo “Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – Fraseologia e Etmologia” (2014), che comprende circa 70mila lemmi. Massimo Pittau e’ anche uno dei piu’ prestigiosi etruscologi italiani. Nell’opera “L’espansione dei sardi nuragici”, grazie ai suoi ultimi studi, porta avanti una teoria che spezza gli stereotipi del passato: i sardi nuragici non furono colonizzati, ma “colonizzatori”, esportando cultura e tradizioni nei paesi del Mediterraneo occidentale.
Graditissimo articolo del professor Massimo Pittau per Beyond Thirty-Nine.
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La questione dell’etimologia, cioè dell’origine e del significato effettivo dell’etnico lat. Raeti è fino al presente tutta in alto mare.
C’è stato di recente uno specialista della lingua retica, Giovanni Rapelli, il quale vi ha dedicato un ampio paragrafo della sua notevole opera “Il latino dei primi secoli (IX-VII a. C. e l’etrusco” (Roma 2013, ItalAteneo); in questo egli ha effettuato una minutissima e approfondita analisi della questione, prospettando differenti soluzioni ipotetiche, fra le quali però non si è deciso a preferirne una. E per questo motivo io mi sento di poter affermare che la questione dell’etimologia dell’etnico lat. Raeti e della loro terra Raetia è ancora del tutto aperta.
I Raeti sono citati per la prima volta nelle Istoríai di Polibio (poi da Strabone, 4,6,8), ecc.). Secondo Tito Livio (V, 33), nativo di Padova e quindi particolarmente informato dei fatti locali e di quelli vicini, i Raeti erano di etnia etrusca, come risultava anche dalla lingua che ancora parlavano. Massimo Pallottino (Etruscologia, VII, pg. 224) ha sottolineato “la non frequente perentorietà dell’affermazione di Livio haud dubie”, cioè “senza alcun dubbio”. Anche secondo Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, III, 133), i Raeti erano di etnia etrusca ed erano stati respinti nelle valli alpine per effetto della invasione della pianura padana da parte dei Galli o Celti.
La origine etrusca dei Raeti è ampiamente confermata dai relitti della lingua etrusca, quelli raccolti dal Corpus Inscriptionum Etruscarum (CIE) e ormai anche nel Thesaurus Linguae Etruscae (I e II edizione) (ThLE¹²). E questi sono gli antroponimi o gentilizi:
Reitnei (gentilizio femm.). Vedi Ritnei.
Ritinatis «(di) *Ritinatio», cognomen “nativo nella Raetia” (ET, Vs 2.18).
Ritnas «(di) Ritinio», gentilizio masch. in genitivo patronimico fossilizzato (LEGL 78) (ET, Vs 1.212, 309).
Ritnei «Ritinia», femm. del gentilizio Ritna(-s) (ET, AT 1.52; Vs 1.255; Cl 1.739). Vedi Reitnei; cfr. per l’accento e per il suffisso gli ital. rètina e retìna. Tutti da confrontare coi lat. Raetin(i)us, Raetius, R(a)etina, Retinus, Ritin(i)a, Ritinius (RNG).
L’alternanza dei dittonghi e delle vocali AE/EI/E/I è ben conosciuta nella fonologia della lingua etrusca (LLE, norma 1).
Tutto ciò premesso, io riporto l’etnico Raetus al vocabolo etr. retee (ThLE²) e all’appellativo lat. rete,-is, retis,-is (finora di origine oscura, ma quasi certamente etrusca; DELL, AEI, DELI, Etim) col significato di «Cacciatore con le reti».
La caccia di uccelli, cervi, daini, cinghiali, ecc. effettuata con le reti, è antichissima e tuttora molto diffusa fra i popoli, anche se proibita in alcuni paesi come in Italia. Essa è molto più diffusa in montagna e molto meno in pianura. La pianura infatti è in genere molto abitata dagli uomini, è occupata da animali addomesticati (ovini, bovini e suini) e dalle coltivazioni agricole, per cui c’è pochissimo spazio per la caccia con le reti. Questa invece è frequentissima in montagna, sia perché è molto meno abitata dagli uomini, è in genere boscosa ed inoltre è molto favorita dalle valli e vallette e dai canaloni e valichi, in cui gli uccelli e gli animali sono costretti a passare e in cui i cacciatori sistemano le reti. Niente di strano pertanto che i Raeti, residenti in tutte le vallate dell’arco alpino centrale fino alla Svizzera e all’Austria, vi esercitassero la caccia con le reti e pertanto venissero chiamati «Cacciatori con le reti». Tuttora, nonostante il divieto delle leggi, nel Trentino si esercita di frequente la “caccia con le reti», sia pure a livello di bracconaggio.
Non c’è alcunché di strano nel fatto che tutto un popolo abbia potuto derivare il suo nome di «Cacciatori con le reti», dato che, ad esempio, gli antichi Sicani e Siculi molto probabilmente hanno derivato il loro nome dall’arma tribale che essi adoperavano il lat. sica, sicŭla «pugnale, piccolo pugnale», finora di origine sconosciuta (DELL, DELI, Etim), ma quasi certamente etrusca, come dimostrano gli etr. sice (ThLE²) (forse in ablativo); Sicle probabilmente «Sicilio», gentilizio masch., da confrontare con quello lat. Sicilius (RNG) (ET, Pe 1.41, 1226).
Abbiamo sicure prove della conoscenza e dell’uso che gli Etruschi facevano delle reti: ad esempio, il lat. retiarius era il «gladiatore che combatteva con una rete e col tridente» ed è noto che i giochi gladiatori sono stati inventati proprio dagli Etruschi.
Notevole è il fatto che l’origine etrusca dell’appellativo rete è confermata da alcuni fitonimi della lingua protosarda, affine – come vado sistematicamente dimostrando – alla lingua etrusca: reti, rethi, teti, tethi, tetti (masch.), tettione «clematide cirrosa», «fiammola», «vitalba» (Clematis cirrosa, C. flammula, C. vitalba): quasi certamente relitto protosardo da confrontare – non derivare – col lat. rete, retis. Le piante citate, simili tra loro nell’apparenza, costituiscono spesso una “rete” stesa fra le altre piante che intralcia il passaggio degli animali e degli uomini. E c’è da precisare che difficoltà fonetiche impediscono la sua derivazione dal vocabolo latino che – insisto nel sottolinearlo – era finora di origine oscura (NVLS).
Bibliografia con Sigle
AEI Devoto G., Avviamento alla etimologia italiana – Dizionario Etimologico, Firenze 1968².
CIE Corpus Inscriptionum Etruscarum.
DELL Ernout A. – Meillet A., Dictionnaire Étymologique de la Langue Latine, Paris 7771985.
DELI Cortelazzo M. – Zolli P., Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Bologna, I-V, 1979-1988; II ediz. 1999).
ET Rix H., Etruskische Texte, Editio Minor, I Einleitung, Konkordanz, Indices; II Texte, Tübingen 1991.
Etim Nocentini A., l’Etimologico, Firenze 2010, Le Monnier.
LEGL Pittau M., La Lingua Etrusca – grammatica e lessico, Nùoro 1997, ediz. Insula (Libreria Koinè Sassari).
LLE Pittau M., Lessico della Lingua Etrusca – appellativi antroponimi toponimi, Roma, Società Editrice Romana, 2012.
NVLS Pittau M., Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – fraseologico ed etimologico, Domus de Janas edit. Selargius 2014, voll. I-II.
REE Rivista di Epigrafia Etrusca, pubblicata nella rivista «Studi Etruschi».
RNG Solin H. et Salomies O., Repertorium nominum gentilium et cognominum Latinorum, Hildesheim-Zürich-New York 1988.
TCL Pittau M., Tabula Cortonensis – Lamine di Pirgi e altri testi etruschi tradotti e commentati, Sassari 2000 (Libreria Koinè).
ThLE¹² Thesaurus Linguae Etruscae (I e II edizione).
TLE Pallottino M., Testimonia Linguae Etruscae, Firenze 1954, I ediz., II ediz. 1968.
Professor Massimo Pittau