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Un articolo del professor Massimo Pittau: Gli Etruschi in Sardegna

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Massimo Pittau, professore ordinario nella facolta’ di Lettere e gia’ preside di Magistero dell’Universita’ di Sassari, linguista, filologo, storico e scrittore, e’ stato allievo di Giacomo Devoto e Bruno Migliorini nell’Ateneo di Firenze. Ha scritto oltre 50 libri e ha pubblicato 400 studi su linguistica, filologia e filosofia del linguaggio. Per le sue pubblicazioni e le sue ricerche linguistiche ha ottenuto “Il Premio della Cultura” dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha collaborato a lungo con Max Leopold Wagner, maestro della linguistica sarda, e ha completato gli studi del ricercatore tedesco col suo “Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – Fraseologia e Etmologia” (2014), che comprende circa 70mila lemmi. Massimo Pittau e’ anche uno dei piu’ prestigiosi etruscologi italiani. Nell’opera “L’espansione dei sardi nuragici”, grazie ai suoi ultimi studi, porta avanti una teoria che spezza gli stereotipi del passato: i sardi nuragici non furono colonizzati, ma “colonizzatori”, esportando cultura e tradizioni nei paesi del Mediterraneo occidentale.

Graditissimo articolo del professor Massimo Pittau per Beyond Thirty-Nine.

Il recente ritrovamento di un centro abitato “etrusco” nell’isola sarda di Tavolara apre un’importante pagina sulla presenza effettiva degli Etruschi nella Sardegna nord-orientale. Però è necessario presentare come premessa una assai importante considerazione dell’autorevole storico francese Jean Bérard, nella sua geniale opera La colonisation grecque de l’Italie méridionale et de la Sicilie dans l’antiquité, Paris 1957, traduzione ital. La Magna Grecia – storia delle colonie greche dell’Italia meridionale, Torino 1963. Egli ha scritto: «La civiltà etrusca dell’età storica si afferma in opposizione a quella villanoviana nel cui seno si sviluppa; e nulla è più diverso e contrastante dalle povere tombe a incinerazione del periodo villanoviano delle ricche camere funerarie del periodo etrusco vero e proprio». Ed io mi permetto di aggiungere che non esiste alcuna prova o indizio che i Villanoviani dell’Italia centro-settentrionale abbiano mai avuto interesse ad una espansione oltremarina, per cui un riferimento ad essi nel presente studio è da escludersi del tutto.

 

1°) Un primo indizio della presenza degli Etruschi nella Sardegna nord-orientale si trova nel nome stesso di Olbia. Secondo una tradizione riferita da tre autori greci (Diodoro, IV 29; V 15, 6; Strabone, V 2, 7; Pausania, X 17, 5), Olbia (greco Olbía) sarebbe stata fondata dai Greci. Ma il toponimo greco quasi certamente si era adattato alla fonetica della lingua etrusca, dando luogo ad Ulbia (forma realmente documentata) ed *Ulpia. Da quest’ultima forma sono probabilmente derivati gli antroponimi lat. Ulpius ed Ulpianus (RNG) da intendersi come “nativo di Ulpia od Olbia”. In linea di fatto in iscrizioni romane rinvenute in Sardegna risultano documentati i seguenti personaggi: Ulpia Matrona; C. Ulpius Severus; M. Ulpius M. f. Theopompus; M. Ulpius Victor (ILSard 77, 221, 279; ANRW B 177).

 

2°) Un secondo indizio si trova nel nome dell’antico centro abitato chiamato Feronia. Era questa una città sulla costa nord-orientale della Sardegna, probabilmente nella foce del fiume di Posada, ricordata come Pherhonía dal geografo greco-alessandrino Claudio Tolomeo (III 3, 4). È probabile che questa città fosse stata fondata dai Falisci del Lazio, come fa intendere una famosa iscrizione in latino arcaico, rinvenuta a Faleri (Civita Castellana, VT): IOUEI . IUNONEI . MINERUAI / FALESCE . QUEI . IN . SARDINIA . SUNT / DONUM . DEDERUNT…. «a Giove a Giunone a Minerva / i Falisci che sono in Sardegna diedero in dono….» (CIL XI 3078).- Sull’argomento è da richiamare il gentilizio masch. etr. FERU «Feronio», da confrontare con quello lat. Feronius (RNG) ed inoltre con Feronia «dea delle acque e delle messi e forse anche degli inferi» (già prospettata come di origine etrusca; LELN 138-140) (ThLE).

 

3°) Ancora Tolomeo (II 3, 6) cita per quella stessa zona un popolo che chiama Aisarhoné(n)sioi; se questo etnico non fosse errato e non corrispondesse senz’altro a Pherhoné(n)sioi e da intendere che si trattasse degli abitanti di Pheronía/Feronia (LCS II capo V), andrebbe riportato esattamente al vocabolo etrusco AISER «dèi».

 

4°) Altri indizi della presenza effettiva degli Etruschi nell’area di Olbia si trovano nei toponimi sardiani o protosardi Manorvàe (Posada) e Manorgài (Orosei) (suffissoide protosardo –ài; LELN 194, OPSE 178, LISPR) e probabilmente anche nel nome di un demone e spauracchio femminile Marìa Menacra di Nùoro (effetto della ben nota demonizzazione delle divinità pagane effettuata dai cristiani), che sono tutti da riportare al nome della grande dea etrusca Minerva/Menarva (ThLE).- Nella Sardegna nord-centrale si trovava anche un centro abitato denominato Minerva presso Monte ‘e Minerva di Monteleone Rocca Doria e Punta ‘e Minerva presso Bosa, ma questo quasi certamente risale all’epoca successiva della conquista dell’Isola da parte dei Romani.

 

5°) Aratena, Aradena (Olbia/Telti) – Toponimo con duplice pronuncia (gallur. Aratèna, log. Aradèna) (NGAO), da confrontare con l’antroponimo etr. ARAΘENA(-S), ARAΘNA(-S). Questo quasi certamente significava «Aretino, nativo di Arezzo» (LLE norma 12); e sarà stato un abitante del centro etrusco dell’isola di Tavolara appunto.Vedi Arzachena, Austena, Bassacutena, Biddichena, Curichena, Maghjuchena, Pisighena, Tuttusena.

 

6°) Luras (pronunzia log., mentre in gallur. è Luris) (Comune di L., Gallura) – Le antiche attestazioni del toponimo presentano tutti la forma Luras, ad es. gli elenchi delle parrocchie della diocesi di Civita (Olbia) che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 736, 1093, 2291). Però è documentata anche la variante Lauras dal Compartiment de Sardenya per l’anno 1358. Ciò premesso dico che è probabile che il toponimo Luras «significhi «allori» come effetto della presenza in origine di questa pianta nel suo sito e sia da confrontare con l’etrusco LURI (Liber linteus, V 22), LUR[I] (Vs 1.179 – 4/3:) probabilmente «alloro, corona di alloro o di fiori» (conosciute e usate dagli Etruschi) e per metafora «gloria, lustro, onore», da confrontare col lat. laurus, lorus «alloro», di origine “mediterranea” (DELL), come altri fitonimi: alnus, alaternus, ecc.

 

7°) Tempio (pronunzia gallur. Tèmpiu) (Comune di T., Gallura). L’abitante Tempiesu – La derivazione di questo toponimo dal lat. templu(m) «tempio», attraverso una mediazione corso-toscana, è del tutto evidente ed è anche assicurata dalle numerose forme che esso ha assunto in trascrizioni medievali: Villa Templi (GG 274). Siccome però è da escludersi che una località traesse il suo nome da un antico templum preso in senso generico, si impone l’obbligo di trovare a quale divinità esso fosse in origine dedicato. Orbene il templum in questione era quasi certamente dedicato alla grande dea etrusca Giunone, come fa intendere ancora Claudio Tolomeo (III 3, 7), il quale per la Sardegna settentrionale parla appunto di un Hérhaion, cioè di un «tempio di Hera», la quale – come tutti sappiamo – si identificava con la divinità etrusco-romana Iuno,-onis «Giunone» (OPSE 124), etr. UNI (ThLE). Ed in proposito è da richiamare la già vista iscrizione in latino arcaico, rinvenuta a Faleri.

 

8°) Sono poi da citare i toponimi galluresi Arzachena, Austena, Bassacutena, Biddichena, Curichena, Maghjuchena, Pisighena, Tuttusena, da connettere fra loro per il suffisso etrusco –ena (LLE norma 5).

 

9°) Infine è da citare l’antica città di Tibula, Tibulae = odierno Castelsardo) (TSSO) e confrontare il suo nome col fitonimo lat. tibulus (Pinus silvestris L) (prelatino; NPRA 261) col gentilizio lat. Tibilius (RNG) e con quello etr. TIPLES probabilmente «(di) Tibilio», gentilizio masch. in genitivo patronimico fossilizzato (ET, Ta 3.5 – 3/2; TLE 898); su ginocchio fittile votivo) ALCE VEL TIPLES «(lo) ha donato Vel Tibilio».

Concludo: dunque risulta del tutto chiaro che dal centro abitato etrusco dell’isola di Tavolara, cioè da Olbia, si è irradiata una corrente di toponimi sia verso il meridione, sia verso l’occidente della Sardegna settentrionale, lungo la strada, prima naturale e dopo romana, che andava da Olbia a Tibula (Castelsardo). E molto probabilmente questa strada serviva ai viaggiatori di navi che si erano rifugiate a Tavolara a causa di una delle frequenti e forti tempeste delle Bocche di Bonifacio e che non intendevano attendere la loro fine, ragion per cui preferivano proseguire il loro viaggio a piedi, da Olbia a Tibula o viceversa, da Tibula ad Olbia.

Professor Massimo Pittau


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