Una delle cose che maggiormente sconcertano in Sardegna è l’acquiescenza. Ho già abbondantemente scritto del fenomeno (vedasi ad esempio l’articolo La psicologia dello schiavo e il caso Ciampi, http://beyondthirtynine.com/la-psicologia-dello-schiavo-e-il-caso-ciampi/ ), ma ogni volta rimango basito e sconfitto da questo atteggiamento nichilista che continua a regnare e che viene rimbalzato dai giornali, dai social e comunque dai discorsi comuni. Un paio di mesi fa, ad esempio, la vendita della Sella & Mosca, la maggiore azienda vinicola sarda, è passata quasi sotto silenzio, appena qualche riga sulla stampa. E’ verissimo che la società non era più sarda da tempo ma appartenente al Gruppo Campari, eppure l’occasione per rilanciare una corretta strategia della Sardegna nel settore del vino era davvero ghiotta e importante, importantissima anzi, visto il prezzo di vendita molto appetibile (intorno ai 60 milioni di euro – ricordo che il Super-treno-Super-veloce è costato 80 milioni di euro, tutto incluso) e viste le difficoltà di affermazione commerciale dei nostri prodotti. Mi spiego con calma. Ritengo innanzitutto che la Sardegna debba difendere i propri (pochi) brand e le proprie aziende-chiave. La Sella & Mosca non è solo personale e tecnologia, una storia di successo e di ottimi prodotti, ma è anche terreno pregiato, raro, sardo. A fronte di una lucida visione (oggi non esistente), di una strategia regionale che comprenda e abbracci tutto il settore del vino (oggi non esistente – la nostra classe politica non sa neanche come si formuli un piano strategico, seppur mai avesse idee per la nostra regione che non derivino dall’affaristico e dalla sudditanza), si sarebbe dovuto utilizzare uno strumento adatto (ricordo che già una volta la Sfirs era entrata nel capitale della Sella & Mosca per agire come trampolino) per riappropriarsi di questa azienda e impostare un nuovo percorso. Ad esempio la Sella & Mosca avrebbe potuto esprimersi come leader di un paniere ombrello di tutti i produttori sardi per i processi di internazionalizzazione. Non un’aggregazione di capitali (ciascun produttore avrebbe mantenuto il possesso delle proprie aziende, certo), ma di raggruppamento commerciale all’estero, per creare massa critica e perseguire con determinazione una seria azione di penetrazione. Un qualcosa tipo: se entri nel paniere ‘Sardinia’ (nome di comodo), di cui fanno parte i prodotti S&M, avrai i benefici x+y+z, tra cui forza commerciale, area manager, wine educator, partecipazione a fiere, eccetera; benefici non automatici per chi invece volesse perseguire (ne ha tutti i diritti comunque) i processi di internazionalizzazione da se stesso. Un grande ausilio dunque a superare i problemi di frammentazione partendo da una base di qualità/quantità non banale, e una tutela del nostro patrimonio. Non solo. La notizia di stampa riporta che la Sella & Mosca è stata venduta a Terra Moretti Distribuzione S.r.l., società partecipata da Terra Moretti Spa e Simest Spa e nella quale entrerà anche N.U.O. di Hong Kong. Ora capite che Terra Moretti si è fatta ‘accompagnare’ nell’acquisizione dalla Simest, Società Italiana per le Imprese all’Estero, creata dal Ministero del Commercio con l’estero, e ha già aperto a un socio estero di un mercato strategico, la Cina e in genere l’Asia. Non conosco i dettagli dell’operazione, ma posso immaginare qualcosa del genere, seguitemi con attenzione nei concetti più che nei numeri che ovviamente non conosco: prezzo di acquisto concordato 62 milioni; io Terra Moretti metto 32 milioni circa (che chiedo a prestito dalle banche) per avere il 52% della società, la Simest 30 milioni circa per avere il 48% della società; la N.U.O. entra in un secondo tempo, e con un sovrapprezzo azioni che può anche essere del 100%, ovvero per acquisire il 20% versa non 12,4 ma 24,8 milioni, di cui metà vanno a capitalizzare la società, un quarto a Terra Moretti e un quarto a Simest. Alla fine di questa tranche di operazione, Terra Moretti avrà speso 32 – 6,2 = 25,8 milioni per avere il 42% della società (ma con diritto di gestione e governance), Simest 30 – 6,2 = 23,8 milioni per avere il 38% della società; N.U.O. avrà speso circa 25 milioni per avere il 20% della società. La Sella & Mosca si ritrova inoltre ricapitalizzata per 12,4 milioni e con un partner che le apre i mercati asiatici. Ulteriori tranche secondo me sono state concordate per fare uscire dopo 3/5 anni la Simest, ma quel che importa capire che non solo il capital gain dell’operazione sarà a beneficio di investitori non sardi o non riconducibili alla Sardegna, ma anche tutti i benefici economici, anno dopo anno. La stessa operazione avrebbe potuto esser fatta ad esempio dalla Regione Sarda attraverso la Sfirs (o con un veicolo ad hoc aperto ad altri produttori sardi) e sempre col concorso della Simest. Il contratto con la N.U.O. di Hong Kong, fatto da un istituto sardo, avrebbe potuto tutelare le ragioni della Sardegna in primis e non di altri, e avremmo avuto noi uno sbocco diretto sul mercato asiatico. In questo modo si ripercorre invece il classico percorso di colonizzazione: le terre della Sardegna date a proprietari esteri che incamerano tutti i margini economici e i benefici patrimoniali senza alcun impegno allo sviluppo di una ricaduta sarda, a fronte di pochi sardi impiegati in posizione perlopiù di manovalanza.
Prima domanda: a cosa serve la Regione Sarda se non a tutelare il nostro patrimonio, la nostra economia e produzione di ricchezza, il lavoro futuro dei nostri figli? Con 25/26 milioni avrebbe portato a casa un’operazione entusiasmante di rilancio del settore. Secondo me non ci hanno neanche pensato né avevano le capacità per condurla a buon fine… Il tutto nella più totale acquiescenza non solo della popolazione (che può non essere informata), ma anche della stampa, delle camere di commercio, delle associazioni di categoria, dei comuni interessati, dei sindacati, ecc.
Siamo arrivati a questo stato di cose, dunque?
La stessa acquiescenza si riscontra a Nuoro dove, peraltro, una certa percentuale di persone è comunque ben incline alla discussione per se stessa e alla masochistica giustificazione, dimenticando che anche i crimini più efferati (vedasi la distruzione del carcere vecchio, del vecchio municipio e di tanti altri patrimoni storici che Nuoro è riuscita così brillantemente a perdere) sono stati accompagnati da sottili distinguo e da scusanti che fanno ridere per non piangere. Un paio di mesi fa un ex sindaco di Nuoro mi ha candidamente detto che il vecchio carcere è stato abbattuto “perché simbolo e ricordo di tanto dolore”. Ho risposto, alterato, che allora dovremmo cancellare Auschwitz e anche il Crocefisso. “Ma il carcere era proprio al centro di Nuoro!” ha ribattuto lui. Che dire altro?
Stessa situazione si ripresenta con la cancellazione della storica linea ferroviaria Nuoro – Macomer. Inaugurata il 26 dicembre 1888, la tratta portò a Nuoro l’idea di progresso, di apertura e di tecnologia. Subito ribattezzato dalla popolazione Caddu Nigheddu, Cavallo Nero, il treno entrò nell’immaginario collettivo, nella vulgata quotidiana (tipico è per esempio il detto Su mere e’ su trenu, a significare il padrone del vapore o chi si crede tale) e nella bibliografia non solo cittadina, ma anche internazionale (si legga Sea and Sardinia di D. H. Lawrence, per esempio). Innumerevoli racconti parlano del nostro treno a scartamento ridotto, appartenente peraltro a una rete bellissima che potrebbe essere ripensata in termini turistici, come hanno fatto tanti paesi e non ultimo i giapponesi con i treni lenti. Per approcciare questo mondo e comprenderne le possibilità di valorizzazione, vi invito a visitare i siti www.sardegnaintreno.it e www.tg-trains.com che il mio amico Marco Anedda (ciao, Marco!) ha impostato con tanta passione, Percorsi sardi in treno sarebbero dedicati a un turismo meditato e alla scoperta di tesori dimenticati (archeologici, naturali, enogastronomici, ecc.). In ogni caso il treno Nuoro – Macomer rappresenta (o rappresentava ormai?) un collegamento, un’infrastruttura utile per tanti pendolari e per la quale sono state spesi anche nel recente passato decine di milioni – finiti dove, se la tratta si dice non sia ancora in sicurezza?
A fronte di tale sfacelo, uno tra i tanti di questa insensata politica, alcune voci che si levano pongono l’accento sul basso numero di utilizzatori. A prima vista la considerazione non fa una piega, ma risponde a una logica comunque perdente. Come insegnano in Asia, le infrastrutture (strade, collegamenti vari) si fanno prima, non dopo, e si costruiscono in una logica di sviluppo e investimento, per agevolare un possibile miglioramento, per spingerlo, tante volte per forzarlo. Le strade e i collegamenti efficienti sono la condizione sine qua non di qualsiasi possibile crescita sociale ed economica. Ci lamentiamo dell’isolamento, dello spopolamento, e ci tagliamo i collegamenti invece che potenziarli, renderli gradevoli ed efficienti (e produttivi per il turismo)! E’ molto facile abbattere un carcere storico, bellissimo nella sua tragicità, e edifici rappresentativi; togliere tutto il verde cittadino e l’acciottolato e asfaltare le piazze e le vie; vendere i nostri asset patrimoniali come la Sella & Mosca. E’ molto facile cancellare una tratta storica di un treno, poi elimineremo alcune strade (perché le Province non hanno più soldi e mezzi per manutenerle, e perché gli utilizzatori saranno pochi infine), poi, di questo passo, alcuni paesi, inutili, poi le scuole, gli ospedali, ecc. Vi ricorda qualcosa questo processo? Cosa ci rimarrà infine? Stiamo tornando piano piano al medioevo? Che cosa vogliamo fare (ripeto la domanda posta tante volte) di questa nostra Sardegna, di questa nostra Barbagia, di questa nostra Nuoro? Questa Nuoro così silenziosa, in completo stato sedativo, acquiescente come non mai. Cosa importa a noi se ci tagliano anche il trenino, abbiamo visto ben altro nella nostra storia! – e nella nostra vita, una serie di errori strategici che ormai s’inanellano coerenti senza pausa. Che Caddu Nigheddu scompaia dunque inghiottito dalla mediocrità e Nuoro, l’Atene Sarda, si riduca al nostro grigio Partenone, l’unico rimanente, Sa e’ Manca.
Ciriaco Offeddu
ciriacoffeddu.com