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Un articolo del professor Massimo Pittau: Storia di parole – labirinto

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Massimo Pittau, professore ordinario nella facolta’ di Lettere e gia’ preside di Magistero dell’Universita’ di Sassari, linguista, filologo, storico e scrittore, e’ stato allievo di Giacomo Devoto e Bruno Migliorini nell’Ateneo di Firenze. Ha scritto oltre 50 libri e ha pubblicato 400 studi su linguistica, filologia e filosofia del linguaggio. Per le sue pubblicazioni e le sue ricerche linguistiche ha ottenuto “Il Premio della Cultura” dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha collaborato a lungo con Max Leopold Wagner, maestro della linguistica sarda, e ha completato gli studi del ricercatore tedesco col suo “Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – Fraseologia e Etmologia” (2014), che comprende circa 70mila lemmi. Massimo Pittau e’ anche uno dei piu’ prestigiosi etruscologi italiani. Nell’opera “L’espansione dei sardi nuragici”, grazie ai suoi ultimi studi, porta avanti una teoria che spezza gli stereotipi del passato: i sardi nuragici non furono colonizzati, ma “colonizzatori”, esportando cultura e tradizioni nei paesi del Mediterraneo occidentale.

Graditissimo articolo del professor Massimo Pittau per Beyond Thirty-Nine.

Il vocabolo greco labýrhinthos «labirinto» risulta fino al presente di origine ignota. Alcuni etimologisti lo hanno definito “egeo”, altri “preellenico”, altri “preindoeuropeo”, altri “mediterraneo”, altri infine “di origine ignota”.

A mio giudizio il vocabolo è di origine egeo-anatolica e precisamente deriva dal (pre)greco lebērhís,-ídos «coniglio» (greco di Marsiglia), il quale è chiaramente lo stesso vocabolo che léporhis «lepre» (Eolide e Sicilia) e lat. lepus,-oris «lepre» (GEW, DELG, DELL).

Lo sviluppo semantico fra l’idea di “labirinto” e quella di “coniglio” si chiarisce bene col fatto che questo animale si scava una tana a forma di “cunicolo”, cioè di “labirinto”. Questo sviluppo semantico trova un esatto riscontro nel vocabolo lat. cuniculus, il quale significava ugualmente «cunicolo» e «coniglio».

L’origine egeo-anatolica dei vocaboli greci lebērhís,-ídos «coniglio» e léporhis «lepre» e pure di quello lat. lepus,-oris è confermata da vocaboli di due popoli che erano imparentati fra loro e che proprio da quell’area geografica, e precisamente dalla Lidia, traevano la loro comune origine, gli Etruschi d’Italia e i Sardi Nuragici della Sardegna (OPSE, StSN).

Nel lessico etrusco conservatoci figura un gentilizio (femminile e al genitivo) Leprnal (ThLE²), che corrisponde chiaramente al cognomen lat. Leporinus (RNG 351). Inoltre il suffisso del (pre)greco labýrhinthos trova esatto riscontro nel vocabolo etrusco Aminθ «Amore, Cupido, Eros» (ThLE²).

Nella odierna lingua sarda esiste un relitto prelatino e quindi “nuragico” o “protosardo”, lèppore, lèppere, lèpporo, lèp(p)uri, lèppiri «lepre», il quale per consistenti difficoltà fonetiche [vocali differenti e continuata conservazione della esplosiva sorda –p(p)-] non può derivare dal latino (DES; NVLS) e il quale del resto trova riscontro nei seguenti toponimi, pur’essi “nuragici” o “protosardi”: Leperiò (2 siti differenti, Orgosolo), Leporeni (Orgosolo), Leporetè (Torpè), Leporitè (Siniscola), Lepporithái (Mamoiada, Nùoro) (LISNE 216; OPSE 197; LISPR)], tutti caratterizzati da fatti fonetici e formativi di sicura matrice nuragica o protosarda.

Come ulteriore notazione segnalo che sempre all’area geografica egeo-anatolica ci riporta il nome della città di Lábranda, nella Caria, in Asia Minore (Erodoto, Strabone), il quale mostra abbastanza chiaramente di essere corradicale con l’appellativo labýrhinthos. In infine probabilmente è da riportare agli appellativi greci lebērhís,-ídos «coniglio», léporhis «lepre» e al lat. lepus,-oris pure il nome dell’isola tirrenica di Lipari (greco Lipárha). La vistosa esistenza di capre in molte isole del Mediterraneo (Capri, Capraia, Caprona, Caprera, ecc.) era dovuta – come mi ha riferito un collega veterinario – ai naviganti antichi, i quali ve le introducevano a scopo venatorio, per avere negli sbarchi successivi sia il latte sia la carne dei caprini. E qualcosa di simile facevano pure coi conigli e con le lepri. Mi è venuto in mente che Plinio (III, 6, 83)  chiama le isole dell’arcipelago della Maddalena Cuniculariae, cioè “isole dei conigli selvatici” e qualche giorno fa ho visto in internet che un’isola del Giappone è abitata da centinaia di conigli selvatici….

 

Professor Massimo Pittau


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