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The Galtellì Literary Prize e Father Nicosia, the Angel of the Lepers: in partenza dalla Sardegna, prime riflessioni a caldo

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Dopo un intero mese in Sardegna, eccomi qui stranito all’aeroporto di Olbia, sentendo ancora una volta di non essere né da una parte né dall’altra del mondo, sperso in qualche bolla di discontinuità che non fa bene. Anche perché quest’Ottobre è stato vorticoso come non mai, una sorta di cavalcata di Sedilo che non ha lasciato fiato e ha bruciato energie e giornate. Ritrovarsi adesso ad aspettare (che cosa? un aereo, un nuovo distacco, una valanga di pensieri) si rivela una decompressione dolorosa. La Sardegna non rimane indifferente e un mese consuma sino alle ossa, è vero. Cosa mi riscalda adesso e mi ammorbidisce non è il pensiero del successo delle manifestazioni (Come sta andando? Com’è andata? Queste erano le domande che quotidianamente mi pervenivano da lontano. Non ti sembra che sia andato tutto benissimo? Non ti sembra meraviglioso? Queste invece le domande/considerazioni degli ultimi arrivati, di chi non ha speso settimane e mesi di sofferta attività, di organizzazione, di dubbi), non è la soddisfazione del successo, dicevo, ma il ricordo di tante persone che nel mezzo del trambusto mi hanno regalato stille di disinteressata umanità. Cosa mi rimane adesso, in questo metafisico aeroporto, se non questi doni? La gente viene e va, i progetti si fanno e si disfano, i sogni si alimentano e poi si dissolvono. Cosa porto con me a Hong Kong se non le facce, i sorrisi, l’incoraggiamento e il supporto di persone che si sono adoperate senza chiedere nulla? I loro abbracci silenziosi, i loro sguardi, la cortesia, l’ospitalità – e i loro sorrisi, lo ripeto, perché nei momenti di tensione un sorriso conta più di qualsiasi altra cosa. Non sto parlando di un’epopea, ci mancherebbe, rispettiamo sempre le giuste dimensioni, e non sto mitizzando niente e nessuno. Ma il Galtellì Literary Prize è stato un’incredibile, meravigliosa avventura, qualcosa di speciale anche e soprattutto per merito di queste figure che potevano sembrare di contorno e che invece adesso, a pensarci, mi accorgo che hanno dato un tono e un senso a tutto. Si veda il sorriso buono del marito della finalista Maria Nieddu, nella foto. Vale mesi di lavoro, di fatica.

E le tre proiezioni a Nuoro di Father Nicosia, the Angel of the Lepers, hanno preso ogni volta quota grazie a chi ci ha creduto e ha spalancato le porte, certo, ma soprattutto grazie ai meravigliosi giovani che hanno partecipato con un rispetto e un’attenzione che non esito a definire eccezionali, commoventi.

Sì, non sono di buonumore, lo so, come sempre quando parto, e questa volta in particolare perché sommerso da un’amarezza che mi sembra senza speranza. Penso a quante meravigliose persone ci sono in Sardegna, a quante energie e sogni, a quanta volontà di aiutare, fare e condividere. E a come tutto questo si disperda – matematicamente, direi – di fronte a una classe (politica? affaristica?) incapace di assicurare un futuro e una dignità a una popolazione di appena un milione e seicentomila abitanti (niente più che un piccolo quartiere di Hong Kong!). Non voglio contabilizzare il capitale in storia, archeologia, arte, bellezze, artigianato e prodotti che possediamo (un capitale valorizzato e utilizzato solo all’1%, a dire tanto), ma il cuore mi piange al pensiero del capitale umano che continuamente viene svilito e calpestato, e ancora abbruttito. Guardavo i ragazzi dell’ITC e del Liceo Scientifico e pensavo che per lo più diventeranno a breve disoccupati, sottoccupati, emigranti. Saranno privati dei loro sogni e manipolati. Mentre il solito assessore regionale di turno, di quelli che non hanno neanche il pudore di stare in silenzio, auspica l’arrivo nell’isola di 500 mila immigranti per rimpolpare una terra che muore. E non si domanda il perché di un’emigrazione sistemica, storica e che continua anche oggi inarrestabile (non per gusto, non per vizio, caro assessore, ma per fame o per cercare dignità e opportunità nel mondo, oggi come nel passato). E non si domanda perché la Sardegna muore (vi assicuro, non per cause bibliche).

La nostra classe dirigente è così, ignorante e incompetente, irresponsabile e impunita, e può permettersi finanche corbellerie che in altri momenti susciterebbero solo compassione.

Mi chiedevo che ne sarà del potere di acquisto delle pensioni di questa gente che ha lavorato una vita e che adesso può pagarsi a stento il grande viaggio da Telti a Galtellì per discutere di Grazia Deledda. Delle migliaia di artigiani che hanno la sola colpa di essere attratti e legati al bello, all’arte, alla conservazione delle nostre tradizioni, e oggi sono condannati da gabelle e burocrazia che niente hanno a invidiare al triste periodo dei Savoia (cosa è cambiato infine? chiediamocelo). Che ne sarà dei cinquantenni di Prato Sardo estromessi dal mondo del lavoro giusto la scorsa settimana, senza la possibilità di ammortizzatori sociali, di un’economia in ripresa, di un progetto serio e sostenibile?

Parto per Hong Kong con l’amarezza scavata dai dubbi (o dalle conferme portate dalle parole dell’assessore di turno, scegliete voi), con la coscienza che poche persone illuminate e pragmatiche potrebbero cambiare il corso della nostra storia, che pochi esempi virtuosi potrebbero scatenare emulazione e nuova voglia di fare. E con la contemporanea certezza che la coda delle ideologie che ci hanno solo diviso (la coda che si porta dietro stuoli di opportunisti mediocri, mestieranti senza scrupoli, leccaculi indefessi, mezze figure arroganti e avide, funzionari in mutande come il vigile di Sanremo – questa è l’Italia, non nascondiamoci) impedirà qualsiasi miglioramento essenziale. La colonizzazione continua. E anche la cultura, l’unica arma a nostra disposizione, stenta e s’invischia, non riesce a decollare.

La Sardegna colpisce i nostri ospiti, li stordisce, li commuove e li fa piangere. Nessuno si aspetta la Sardegna, le sue bellezze e ricchezze, la sua immensa umanità. Ma questo mondo che si spalanca non può comunque nascondere le manchevolezze (Perché è così difficile raggiungere la Sardegna? Perché non si risolve il problema dei servizi e della logistica? Oppure: Perché non esiste una buona traduzione inglese di Grazia Deledda, cosa fa la Regione? Perché nessuno studioso o nessuna università sarda ha risposto al commento di D. H. Lawrence su La Madre? Perché Nuoro non presenta Grazia Deledda? Non c’è una indicazione, una scritta in inglese. Ancora: Perché non si vogliono fare scambi di studenti? Ecc. ecc.

Le domande sono sempre tante, e le risposte difficili.

Caro assessore regionale, le vorrei presentare un ragazzo che è emigrato in Tailandia per poter continuare a sognare, capace di fare marketing internazionale ad altissimo livello e di lanciare nel mondo un premio di prosa da tenersi a Galtellì, in Baronia, 32 chilometri da Nuoro, in Sardegna, e di raccogliere in pochi mesi circa 200 elaborati da 22 paesi del mondo, il tutto con un budget strettissimo ma con una determinazione fantastica; capace di fare da zero un documentario su un dimenticato (dall’Italia) missionario angelo dei lebbrosi, un film prodigio di chiarezza e di emozione. Si chiama Fabrizio Bestoso, questo ragazzo, e certo lei non lo conosce giacché Fabrizio fa parte di quelli che parlano poco e lavorano tanto. Oppure vorrei presentarle la commessa che nel negozio sotto casa mia a Nuoro vende materassi. Ha due lauree, ma ha dovuto adattarsi a una vita precaria. Oppure il gruppo di operai di Idea Motore, l’ultima azienda di Prato Sardo che ha chiuso (“Un massacro sociale” è stato definito). E potrei continuare, se ci fosse un filo di speranza che la sua testa potesse assimilare i messaggi neanche tanto sottesi.

Tant’è, basta per oggi con le amarezze. Mi chiamano per il volo, devo partire.

Ciriaco Offeddu

ciriacoffeddu.com

P.S. Ho dimenticato, ho veramente dimenticato di chiarire che il Galtellì Literary Prize è stato un indimenticabile successo, giorni di cultura e di scambio che rimarranno nel cuore di ciascun partecipante. L’Amministrazione e la popolazione di Galtellì sono state encomiabili, ospitali, meravigliose. Facce, immagini ed eventi mi turbinano in mente senza pausa. E i giurati e i finalisti si sono dimostrati squisiti e oltremodo interessanti – un gruppo di alto livello dalle grandissime potenzialità, pieno di energia, d’intelligenza e amicizia. Per una settimana abbiamo respirato cultura a pieni polmoni, abbiamo discusso, commentato, viaggiato, abbiamo mangiato e bevuto, cantato e ballato. Mi riprometto di fare nel seguito ringraziamenti puntuali, ma per il momento m’interessa esplicitare il sentimento di pienezza e soddisfazione.

E ho dimenticato di chiarire che Father Nicosia, the Angel of the Lepers tocca nel profondo ed emoziona. Il pubblico assiste in silenzio, preso dal racconto e dalle immagini, e immediatamente innamorato di questa figura, Gaetano Nicosia, che s’impone su tutto, vivido e sanguigno, familiare e umano.

Il 2015 sta per finire, e Beyond Thirty-Nine può essere fiera di tre eventi internazionali eccezionali, compreso il concerto dei Tenori del coro Grazia Deledda a Hong Kong. Se mi passa l’amarezza, nel 2016 faremo ben di più – alla faccia di questa politica.

 

 


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